ULTIMO CANTO DI SAFFO di Giacomo Leopardi
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#GLIAUDIOLIBRIDELTUBO #AUDIOLIBRI #POESIA #GIACOMO LEOPARDI #PESSIMISMO #SCETTICISMO #ROMANTICISMO • #GIACOMO LEOPARDI Ultimo canto di Saffo • PARAFRASI • Notte tranquilla e raggio pudico della luna al tramonto; e tu [stella di Venere] che spunti fra il bosco silenzioso, là sulla rupe, ad annunciare il giorno; foste visioni piacevoli e care ai miei occhi finché non conobbi il furore dell'amore e il mio destino; nessun dolce spettacolo rallegra chi è disperato. Una gioia inconsueta ci rianima quando l'onda di polvere sollevata dai venti turbina nell'aria fluida e muove l'erba nei campi; e quando il carro, il pesante carro di Giove, tuonando sopra di noi, squarcia il cielo tenebroso (con il lampo). A noi piace nuotare nella tempesta tra pareti montuose e valli profonde, ci piace vedere la fuga disordinata delle greggi impaurite, oppure, stando sulla sponda pericolosa di un fiume profondo, ci piace sentire il fragore trionfante delle onde infuriate. Bello è il tuo manto, o cielo divino, e sei bella tu, terra rugiadosa. Ahimé, di questa infinita bellezza, gli dei e il destino spietato nulla diedero alla misera Saffo. Nei tuoi superbi regni, il mio ruolo è quello di un'ospite volgare e sgradita, di un'amante disprezzata, e tendo invano, supplice, gli occhi e il cuore, o natura, alle tue belle forme. A me non sorridono la riva soleggiata e l'alba che appare dalla porta del cielo; non mi saluta il canto degli uccelli variopinti né il mormorio dei faggi: e il ruscello limpido, che dispiega il suo corso sinuoso all'ombra dei salici ricurvi, ritrae sdegnoso le sue acque serpeggianti dal contatto con il mio piede malfermo e fugge urtando le rive profumate. Di quale colpa, di quale indicibile misfatto mi macchiai prima di nascere, tale che il cielo e la sorte mi fossero così ostili? In che cosa peccai bambina, quando la vita non conosce ancora il peccato, perché poi l'indomabile Parca avvolgesse il filo rugginoso della mia vita privandomi del fiorire della gioventù? La tua bocca pronuncia parole sconsiderate: una volontà misteriosa governa gli eventi secondo il loro destino. Tutto è misterioso, tranne il nostro dolore. Siamo una prole dimenticata, nata per piangere; e la ragione di ciò è nota soltanto agli dei. O affanni, o speranze degli anni giovanili! Giove ha concesso solo alle apparenze, alle belle forme, di dominare per sempre sulle genti: e il valore, anche se realizza grandi imprese nella dotta poesia o nel canto, non risplende quando è dentro un corpo privo di bellezza. Moriremo. Gettato a terra questo corpo indegno, l'anima fuggirà nuda nel regno dei morti e solo così sarà riparato il crudele errore del cieco destino. E tu, al quale invano mi legarono un lungo amore, una lunga fedeltà e una vana, furente e implacabile passione: vivi felice, se mai un mortale è vissuto felice sulla terra. Quanto a me, da quando sono morti le illusioni e i sogni della fanciullezza, Giove non mi ha più bagnata con il dolce liquore della felicità, gelosamente racchiuso in un vaso avaro. I giorni più lieti della vita sono i primi a fuggire. Li sostituiscono la malattia, la vecchiaia e l'ombra gelida della morte. Ecco, di tanti successi sperati e di tanti inganni piacevoli non mi resta che il Tartaro; il mio nobile spirito è già nelle mani della dea degli Inferi, della buia notte e del fiume silenzioso (infernale).
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